Nell’intervista, il prof. Stefano Fontana, direttore dell’Osservatorio internazionale Van Thuan sulla Dottrina Sociale della Chiesa, di cui è uno dei massimi esperti in Italia, e con un passato da docente, commenta la nuova legge che ha introdotto da quest’anno scolastico l’insegnamento dell’Educazione civica. Egli ritiene che la scuola cattolica debba cogliere l’introduzione della nuova disciplina come l’occasione per ragionare con gli studenti su alcuni temi decisivi, quelli indicati dalla legge ma anche ulteriori, esprimendo la propria visione delle cose e i propri valori. In questo modo si contribuirà a mettere in discussione molti degli assunti che sugli stessi argomenti sono presenti nella mentalità comune.
Prof. Fontana, come giudica la nuova legge che ha introdotto nelle scuole di ogni ordine e grado la disciplina dell’educazione civica?
Premetto che io non voglio tanto parlare di metodi didattici, cioè di come insegnare questa disciplina, ma dei contenuti da trasmettere. Anche perché se un insegnante ha le idee chiare su quello che deve dire, poi trova abbastanza facilmente le modalità. Prima della lettura delle Linee guida della legge, uscite quest’estate, ero un po’ preoccupato per il fatto che chi è al governo potesse utilizzare tale nuova disciplina per diffondere alcuni precisi principi e valori e creare una mentalità comune. Se guardiamo al passato, lo Stato difficilmente ha saputo resistere alla tentazione di creare una sorta di religione civile, utile per tenere insieme i cittadini, entrando nella formazione delle loro coscienze, soprattutto dopo che ha estromesso la religione come fonte della morale pubblica.
Invece, la lettura delle Linee guida mi ha un po’ confortato, anche se non del tutto rassicurato, dal momento che l’obiettivo della legge si limita a voler promuovere cittadini consapevoli e responsabili. Sono concetti molto generici che lasciano libertà alle scuole. Per la scuola cattolica è l’occasione per riempire tale spazio di libertà che la legge le lascia con i contenuti e i valori che le sono propri.
Le Linee guida indicano tre macro aree, costituzione, sostenibilità ambientale e cittadinanza digitale, come i pilastri intorno a cui costruire l’insegnamento dell’educazione civica. Cosa pensa di questa scelta?
Innanzitutto temevo che ci fossero anche altre aree oltre a queste. Penso che una scuola cattolica dovrebbe soffermarsi in particolare sui primi due ambiti, Costituzione e sostenibilità ambientale. A mio avviso la scuola cattolica dovrebbe affrontare i temi attinenti a questi ambiti in modo diverso, addirittura contrario, da come essi vengono affrontati nelle cultura comune. Oggi, spesso si esaltano in modo ingenuo certi valori come la democrazia o i diritti umani senza un’adeguata riflessione su questi concetti. Voglio dire che oggi la scuola cattolica deve fare una controcultura. Prendiamo, p. es., il tema della sovranità, che è presente nella nostra Carta fin dal primo articolo. Ora il concetto di sovranità, che deriva dalla filosofia politica moderna, è inaccettabile sia per la filosofia che per la teologia cattolica se con essa intendiamo che chi esercita il potere, uno o molti non fa differenza, non riconosce nulla di normativamente superiore. E, infatti, vediamo oggi che la Repubblica italiana, proprio perché si ritiene sovrana, si arroga il diritto di dire che la famiglia non è più quella società naturale fondata sul matrimonio di cui parlano peraltro gli articoli 29 e 30, ma un’aggregazione sociale, e quindi valida anche fra due persone dello stesso sesso.
A questo riguardo, occorre ribadire che pur trovandosi tante cose giuste nella nostra Costituzione, non si può assolutizzarla, facendone un feticcio. Quando la si deve trattare occorre chiedersi su che cosa essa si fonda. E certamente non può essere giustificata solo sul consenso. Si può insegnare agli studenti che esiste una legge naturale, un ordine naturale che precede il consenso e lo stesso stare insieme. In base a questo si può anche non rispettare sempre una legge, ed è il caso dell’obiezione di coscienza, quando una legge lede qualcosa di fondamentale nel diritto naturale. I ragazzi capiscono bene questa doppio statuto, umano, e quindi relativo, oppure naturale, e quindi oggettivo, della norma; per illustrarlo si può anche mostrare loro l’esistenza di principi morali universalmente condivisi come il divieto di uccidere un innocente. Oltre al concetto di sovranità è interessante, anche in prospettiva storica, presentare ai ragazzi quello di regalità, con cui spesso è confuso, che caratterizzava la concezione del potere prima dell’avvento dello Stato moderno, quando i re o l’imperatore riconoscevano dei limiti al loro potere e non erano sovrani assoluti. La democrazia moderna è la stessa idea di sovranità che viene allocata nel popolo, ma non cambia nulla nella sostanza. Ai ragazzi andrebbe fatto capire che un conto è la democrazia come forma di governo, che è una tra le diverse e altrettanto valide forme possibili, un conto come fondamento del governo.
Farei riflettere i ragazzi anche sulla coppia di termini potere e autorità. Il primo è la mera facoltà di poter costringere gli altri a fare alcune cose, la seconda è l’esercizio del potere legittimato moralmente, che vuol dire che rispetta la legge naturale e ha come fine il bene comune. I ragazzi capiscono benissimo tale distinzione; non amano l’insegnante che li obbliga a fare le cose e basta, ma chi gli fa fare cose giuste e che sono convinti che sono giuste.
E a proposito del secondo ambito della legge, l’ambiente, come dovrebbe essere affrontato da una scuola cattolica?
Bisogna dire che oggi l’ambientalismo è diventato quasi una religione. Qui la scuola cattolica, in modo speciale gli insegnanti di scienze o di geografia, ha un grosso lavoro da fare. Bisogna smascherare i dati e gli allarmi infondati da un punto di vista scientifico, basandosi su dati certi e studi seri. La fede cattolica non chiede alla ragione di rinunciare a capire, ma di ragionare sulle cose. Occorre sfatare l’idea, p. es. che le emissioni umane di anidride carbonica causino il surriscaldamento terrestre. Oppure le teorie neomalthusiane che considerano l’uomo il cancro del pianeta e predicano la limitazione delle nascite. Pensiamo anche all’animalismo, che enfatizza la tutela degli animali, ma lascia che milioni di bambini innocenti possano morire a causa dell’aborto. C’è tutta una letteratura del cosiddetto antispecismo che invita a superare la distinzione fra specie umane, considerando quella umana superiore alle altre. Oppure il primitivismo, che esalta le società primitive dimenticando che nella loro cultura c’erano anche aspetti disumani, come il fatto che spesso l’uomo era tenuto prigioniero di paure ancestrali e forze occulte. In generale dobbiamo ricordare l’apporto culturale importantissimo del cristianesimo al progresso umano. Pensiamo all’opera dei monaci o di tanti missionari, di cui è importante recuperare la storia. Quando facciamo storia, dobbiamo parlare della luce che il cristianesimo ha portato all’umanità.
Invito per prima cosa gli insegnanti a documentarsi su questi temi e a farsi degli orientamenti. Inoltre non dobbiamo lasciare queste cose sui libri di scuola senza darne una lettura critica. E a questo riguardo gli insegnanti stessi dovrebbero crearsi nel tempo i propri libri di testo. Non aspettiamoci dalla case editrici cattoliche libri impostati in modo diverso perché anch’esse per vendere numerose copie devono adattarsi alla cultura dilagante.
Ci sono ambiti non previsti dalla legge che aggiungerebbe nel curricolo di educazione civica?
Sicuramente aggiungerei il tema riguardante il concetto di popolo, patria e nazione, troppo trascurato oggi. Sono concetti a cui non possiamo rinunciare. Mi ricordo che san Giovanni Paolo II riteneva l’amore per la propria patria un’estensione del quarto comandamento. Contro un globalismo esasperato o l’ipotesi di società aperta multiculturale occorre riconoscere che la persona umana ha un radicamento, innanzitutto nella società naturale che è la famiglia, ma poi anche nel popolo e nella nazione. Un ultimo tema che una scuola cattolica non può non trattare è quello relativo al matrimonio e alla famiglia e alla procreazione, sebbene sia oggi particolarmente difficile trattare tali questioni. Senza matrimonio non c’è famiglia e senza famiglia non c’è società. Però va detto che non riguardano solo i cattolici. Il matrimonio, infatti, ha un’importanza a livello naturale che andrebbe spiegato. Infine, accenno solo al fatto che su tutti, proprio tutti, questi grandi temi le religioni non dicono la stessa cosa. L’Islam per esempio dice cose diverse dal protestantesimo. Penso che questo sia un problema che gli insegnanti presto o tardi saranno chiamati a incontrare.
Se l’insegnamento dell’educazione civica, insomma, viene inteso in questo modo, esso diventa infinitamente più interessante e bello di quello che il governo aveva in mente quando ha proposto questa iniziativa.
(Intervista non rivista dall’autore)
Alessandro Cortese