Aleksandr Isayevich Solzenicyn (1918 – 2008)
Dissidente russo ai tempi dell’Unione Sovietica, ma che ha vissuto per circa vent’anni negli Stati Uniti.
Il libro racconta con stile semplice, senza enfasi, una qualunque giornata di un detenuto qualsiasi all’interno di uno dei tanti campi di concentramento stalinisti sparsi per la Siberia. Solzenicyn narra le “gesta” di Ivan, che cerca, come tutti gli altri 364 giorni dell’anno, di non morire di fame o di freddo, ma soprattutto di restare un uomo e come ciò sia necessario proprio per non morire di fame o di freddo. Un episodio di particolare rilievo narra di come gli stessi internati siano costretti a costruire, con temperature proibitive e pochi strumenti, un muro inutile. Per rimanere uomini e in un certo modo “liberi”, questi hanno fatto di tutto, anche ciò che non era consentito, per compiere un lavoro ben fatto, correndo pure il rischio di essere puniti.
In questo testo, come in tutti i suoi scritti, traspaiono l’umanità e la profondità dell’autore, anche da un punto di vista educativo, e ci ricorda che ogni uomo, anche il più cattivo, rimane pur sempre un uomo, idea indispensabile anche oggi.
Michael Dall’Agnello