In un periodo così pieno di incertezze, il bisogno di bellezza e di speranza si è fatto palpabile. È proprio in queste occasioni che l’umanità è chiamata a trovare motivi nuovi per gioire e sperare. Un aiuto, in questo senso, può arrivarci dall’arte, che con la sua storia e la sua potenza comunicativa può risvegliare anche nell’uomo d’oggi lo stupore e la fede.
Ne abbiamo parlato con Renata Semizzi, Docente di Storia dell’Arte presso il Liceo Artistico di Verona.
L’arte, per antonomasia, comunica bellezza, e lo comunica con l’immediatezza che le è propria, essendo un linguaggio universale, che non necessita di vocabolari, come la musica, come la matematica. L’arte può trasmettere armonia, speranza, portare gli uomini ad innalzare lo sguardo. Possiamo considerare l’arte, oggi, come una terapia per le ansie, le preoccupazioni, se non addirittura la disperazione che attanaglia l’uomo, e soprattutto i più giovani?
Sicuramente sì, l’Arte è un grande dono dato agli uomini, e sa arrivare al cuore senza mediazioni. Da educatori dobbiamo, però, chiederci se la sua consolazione e la sua forza possano arrivare intere senza mediazioni o abbiano bisogno di una preparazione, di una educazione. Io credo che l’Arte “arrivi” da sola, ma va accompagnata perché non ne vada persa per strada la potenza… Io ricordo che 30 anni fa, giovane e ai miei primi anni di ruolo, quando insegnavo Lettere alle Medie di Roncà, feci una pazzia. Per spiegare Tasso volli far ascoltare il madrigale di Monteverdi dedicato al combattimento fra Tancredi e Clorinda. Qualche collega mi disse che era eccessivo.. Ero in una seconda media, in un luogo come Roncà, in cui la scuola stessa era in mezzo alle tacchinare e ai ciliegi e i ragazzi erano, socialmente parlando, giudicati addirittura scarsamente scolarizzabili. Avevo un gruppetto fanatico dei “Guns and Roses”. Distribuii il testo, avvisai che sarebbe stata Musica difficile. Feci partire il registratore con il cuore che batteva, cercando già di prevedere come potermi comportare in modo dignitoso e utile appena la classe fosse scoppiata a ridere. Già la partenza “Tancredi, che Clorinda un uomo stima”, con il clavicembalo e il quasi recitativo lento, capivo benissimo che era quanto di più distante ci fosse dai loro gusti e dalle loro esperienze.. Partì il madrigale e nessuno rise… seguivano il testo (già spiegato nella lezione precedente).. io ero tutta rossa, mi sentivo persino in imbarazzo, li guardavo cercando di capire quando sarebbe partito lo schiamazzo… ma seguirono in silenzio tutto il madrigale.. e alla fine, mentre Clorinda cantava il sublime “S’apre il Ciel, io vado in pace” vidi le lacrime che venivano giù proprio sul viso del ragazzino più rockettaro, e molti avevano gli occhi lucidi. Finito l’ascolto mi fu difficilissimo riprendere la lezione per il motivo opposto a quello che immaginavo: parlare era un atto quasi di profanazione del silenzio commosso che aveva afferrato tutti. Non ho più dimenticato quella lezione: bisogna osare. A volte i ragazzi volano basso perché li educhiamo a non alzarsi in volo.. Viviamo in una società emotiva: cerchiamo di fare di necessità virtù e sfruttiamo l’emozione profondissima che l’arte sa suscitare per poi educare a rielaborare quei contenuti che sono davvero una risposta di umanità nelle tempeste della vita. Se anche l’arte servisse solo a farci capire che abbiamo una profondità che ignoriamo di avere e dentro cui ci sono la Verità e la Luce, già sarebbe quanto di più bello possiamo fare! I ragazzi hanno davvero sete di questa scoperta… Quando potevo portare i ragazzi a Firenze ci andavo in giornata, in treno. Si partiva alle cinque e mezzo del mattino e si tornava a tardissima serata e riuscivamo a vedere tutto quello che si poteva: S. Maria Novella e Chiostro Verde, S. Lorenzo, Cappelle Medicee, Battistero, Gallerie di Palazzo Pitti, Giardino Boboli, Orsammichele, Uffizi.. una vera overdose. Dopo questa esperienza i ragazzi non hanno mai smesso di andare a Musei e Mostre. Una volta due ragazze del Liceo Europeo bigiarono la scuola per andare al Louvre: partite con il treno cuccetta alla sera, l’intera giornata a Parigi, e di nuovo cuccetta per rientrare. “Se fate berna così vi giustifico sempre!” ho detto. Erano tornate felici. Ancor oggi ho tanti ex-allievi che ogni volta che vanno a Mostre e Musei mi mandano un saluto, e senti che lì dentro sono felici, pieni di entusiasmo per la bellezza, che è sempre una via per andare oltre al “terra-terra” faticoso e triste in cui siamo immersi.
Di fronte all’opera di un grande pittore o scultore, si può intravedere una realtà interdisciplinare che coinvolge la storia di un popolo, l’ambiente geografico, l’armonia matematica di forme e proporzioni, richiami e parallelismi con la letteratura contemporanea all’artista. Una sola opera d’arte può aiutare a mettere in evidenza l’unità del sapere, uno degli sforzi maggiori che si richiedono al mondo scolastico oggi con ragazzi chiamati, al termine dei vari cicli scolastici, alla produzione di elaborati interdisciplinari. Quali suggerimenti o esempi si potrebbero fare?
La Storia dell’Arte è sicuramente la materia culturale più completa perché richiede davvero di conoscere tutto! Ogni opera d’arte è non solo il frutto di una regione, di un popolo, di una cultura, ma veicola anche racconti, messaggi, pensieri.. Quando insegnavo al Liceo Europeo facevo un’ora alla settimana (il 50% del mio monte ore) in compresenza. Al triennio lavoravo con Letteratura italiana e avevamo dei temi che così si leggevano nei diversi linguaggi. Per esempio confrontare il linguaggio narrativo di Boccaccio e di Giotto, così simile: tutti e due tengono presente il soggetto principale e, pur arricchendolo di ambientazioni vivaci, non si disperdono mai in dettagli secondarii.. O, visto che accennava all’Esame di Stato, si possono vedere nel Programma di Quinta tanti argomenti ricchissimi. Faccio solo due esempi, forse neppure i più eclatanti… La figura della donna moderna. “La lupa” di Verga e la donna di Munch passando per il Teatro di Strindberg (legato a Munch nella Berlino trasgressiva della comunità scandinava): una donna-vampiro, superiore all’uomo e capace di dominarlo totalmente, quasi con crudeltà, l’opposto della donna madre.. Come diceva Munch “La donna, nella sua totale diversità, è un mistero per l’uomo – simultaneamente santa, meretrice e servizievole creatura dedita, nell’infelicità, all’uomo”, eppure capace di generare la vita e in questo fondamentale nella Storia dell’Umanità (l’eterna culla che dondola come passaggio dei secoli nel film “Intolerance” di Grifith).. Accanto a questa donna vampiro, sessualmente emancipata ed egoista, rimane poi la donna borghese di fine Ottocento nei romanzi, in Pirandello e nei dettagliati affreschi di Giuseppe Cellini nella Galleria Sciarra a Roma (1887-88). Qui rimangono immortalate le virtù femminili della perfetta padrona di casa: (“La Pudica”, “La Sobria”, “La Forte”, “L’Umile”, “La Prudente”, “La Paziente”, “La Benigna”, “La Signora”, “La Fedele”, “L’Amabile”, “La Misericordiosa”, “La Giusta”). Un altro capitolo importante è l’Espressionismo della Guerra, la violenza del Novecento come visto da Brecht, da Grosz, da Dix. Leggere, per esempio, il “Trittico della Guerra” di Otto Dix a livello formale (in confronto con i Trittici sacri barocchi, come, ad esempio, il Trittico di Anversa di Rubens.) e di contenuto (leggendolo assieme alle cronache dal fronte della letteratura del Novecento e anche al Cinema di guerra degli anni ’40) può spalancare un mondo tragico e tremendo nel modo vivo della cronaca, ma anche già meditato e critico come solo gli artisti sanno fare “in diretta” mentre gli avvenimenti accadono.. Il vero problema pratico nella scuola è che la scansione oraria è rigida, a volte crudele, e si fa fatica a fare anche solo i contenuti minimi, mentre per lavorare come si deve si ha bisogno di tempi distesi. I ragazzi di oggi, poi, sono davvero digiuni della cultura di base, si deve spiegare tutto, non ci sono contenuti importanti già posseduti, per cui bisogna trovare il modo di dare il massimo senza uscire troppo dal contenuto previsto dai programmi. Poi, altra difficoltà, a volte insormontabile, è che la scuola non crede più in se stessa per cui è la prima a snobbare i Programmi ministeriali (pensati proprio in chiave educativa per fornire ai ragazzi i contenuti umani, morali, culturali essenziali per vivere una vita responsabile e ricca) a favore di esperienze eclatanti ed eccezionali. Per cui la bontà di una scuola non viene misurata su ciò che gli insegnanti fanno nelle aule (unica cosa davvero importante), ma nei Progetti, incontri e iniziative extra-curriculari, pretendendo a volte di sostituire i contenuti cardine con gli approfondimenti.. Certi passaggi critici, invece, si possono fare solo quando si sanno bene gli argomenti coinvolti. Dobbiamo tornare all’umiltà argomentativa, alla sapienza di saper trarre tutto il meglio dai testi, dagli autori, senza cercare effetti speciali: gli effetti speciali ci sono già, il nostro mestiere è proprio tirarli fuori!
Oggi l’arte è spesso provocazione; sembra si sia perso il senso del bello per dare spazio alla voglia di far parlare di sé; c’è, a suo parere, effettivamente una crisi dell’arte o ancora essa sta svolgendo il ruolo di rispecchiare la società? Le arti belle appartengono solo al passato o ci può indicare qualche eccezione?Non confondiamo l’Arte con la sua propaganda ideologica. Oggi non si è perso il senso del Bello, e per fortuna il Novecento è superato. Sicuramente il Novecento ha creato una frattura insanabile fra gente comune e Arte. Se nell’Ottocento il Salon francese era frequentato da tutti gli strati sociali, anche i più popolari e meno colti (e le vignette di Daumier ne sono testimonianza) e l’andare a vedere le opere esposte era davvero un avvenimento di massa, nel Novecento la Biennale di Venezia rimane un evento di nicchia e l’arte circola soprattutto fra i collezionisti e spesso su loro commissione. Oggi la massa segue di più i Festival del Cinema che le esposizioni artistiche. Ciò non vuol dire che non ci sia arte. Anzi. Negli anni ’90 mi capitò di andare a visitare la Fondazione Lercaro di Bologna. Una collezione immensa e strepitosa di arte sacra antica e del Novecento. Ci sono opere di artisti famosi e celebrati come Balla, Boldini, Bonzagni, de Pisis, Guttuso, Antonio Mancini, Manzù, Martini, Messina, Morandi, Mimmo Paladino, Rouault, Wildt… molti di loro non sono nei libri di scuola. Mi balzò subito agli occhi che i libri di testo e la cultura di massa cristallizzano il Novecento nell’Avanguardia (se si può ancora chiamare Avan-guardia un manierismo che si trascina per più di mezzo secolo replicando e variando le geniali provocazioni di 70 anni prima). Lì vedevo artisti che invece varcheranno i secoli anche più di Damien Hirst o di Cattelan. Capivo che l’arte sacra era stata sistematicamente esclusa, non so se perché figurativa mentre la Moda spingeva verso l’informale, o se perché cristiana mentre la cultura dominante era tendenzialmente anticattolica. Sono certa che la Storia dell’Arte del Novecento che verrà fatta fra 100 anni sarà completamente diversa e allora vedranno del Novecento opere e autori che noi non ci siamo neppure accorti (a livello di massa) che siano esistiti. Al giorno d’oggi l’arte sta tornando al figurativo e quindi verranno pian piano riscoperti e studiati gli autori figurativi del Novecento e rivalorizzata l’arte rinascimentale e barocca. E’ finito il tempo del Manierismo picassiano. E come tutti i cicli artistici della Storia, il Manierismo viene superato da un ritorno al realismo e alla figura. Oggi c’è un ritorno al realismo seicentesco. Penso, per restare all’Arte Sacra, a Giovanni Gasparro, ma anche la fase iperrealista di Ventrone e Benedicenti, per quanto povera di contenuti e di messaggi, testimonia questo ritorno alla realtà. Al di là, comunque, di queste piccole osservazioni di poco spessore, va sempre ricordato che la Bellezza è dentro all’uomo che lui lo voglia o no, per cui l’Arte non morirà mai. Le Arti belle non sono eccezioni, sono la norma. Esistono e sono esistite ed esisteranno sempre. In certi periodi vengono fatte conoscere, in altri meno. Veniamo da un periodo in cui era la Bellezza ad essere bandita, l’arte che seguiva le strade contrarie della violenza, dell’angoscia, della disperazione era preferita, osannata, premiata, descritta. Ma l’arte e la sua propaganda sono, come si diceva, due cose diverse. Restiamo ottimisti: l’animo umano è sempre lo stesso, è sempre soffio di Dio abitato di nostalgia del Paradiso..
Miriam Dal Bosco