Intervista alla professoressa Fiorenza Farina

Abbiamo chiesto alla prof.ssa Fiorenza Farina, laureata in Pedagogia e insegnante di scuola primaria in pensione, di illustrare ai nostri lettori lo scopo dell’associazione “Libro fondativo”, del cui comitato didattico fa parte.  Nel loro sito si trova che essa è “un gruppo di insegnanti che da anni lavora in rete perché nell’attività scolastica sia possibile gustare e fare un’esperienza completa del testo letterario”.

Partiamo dal nome che avete scelto per la vostra attività, “Libro fondativo. Per incontrare l’umano”. Può raccontarci il significato di tale espressione, che – è facile immaginare – contiene già tutto o quasi il senso del vostro lavoro? 

Questa particolare espressione, libro fondativo, vuole dire una cosa semplice: i testi letterari sono in grado di incontrare l’umanità della persona che legge o ascolta, e, attraverso i contenuti proposti dall’autore, di contribuire a costruirne l’identità. Un insegnante cosciente di questo può proporre ai suoi alunni dei testi (anche brevi) che suscitino domande e piste di lavoro. C’è un particolare fondamentale: la lettura integrale deve avvenire in classe e deve essere fatta dall’insegnante. Come pure la riflessione sui temi trattati va condivisa in classe.

Naturalmente la scelta del testo è fondamentale. Deve essere fondativo, deve rivelare, cioè, la natura dell’uomo: l’uomo costituito di anima e corpo e l’uomo che percepisce, insieme alla sua grandezza, il proprio limite e la propria fragilità.

Passando alla vostra storia, quando avete dato vita a questa iniziativa? E quali sono state le ragioni particolari che ne sono state alla base? 

Nel 2009 partecipai insieme a Maria De Nigris, insegnante nella scuola primaria dell’Educandato statale agli Angeli di Verona, ad un corso di aggiornamento presso la scuola La Traccia di Calcinate (fondata da Franco Nembrini).  Il titolo era “In forma di parola” e relatore Paolo Molinari, un nostro amico insegnante di Verona, allora Direttore Didattico della scuola Sant’Angela Merici di Desenzano. Lui fece una proposta convincente e io e Maria decidemmo di verificare nelle nostre classi se la lettura di un libro poteva veramente offrire quello che era stato detto.

Insegnavamo in due quarte della primaria: io all’IC1 a San Giovanni Lupatoto e lei a Verona. Decidemmo di leggere “Magellano” di Stefan Zweig, nella versione ridotta che aveva scritto Molinari stesso.  Per entrambe fu un’esperienza travolgente che segnò una svolta nella nostra professione.

Penso che l’unica ragione che ci ha mosso sia stata proprio quella coscienza della potenza della letteratura che prima non avevamo.

Da sempre io leggevo in classe Pinocchio o Andersen, ma senza rendermi conto di quello che potevano suscitare in termini di domande esistenziali e di lavoro culturale.

Non per niente il nostro primo corso s’intitolò “Il potere delle storie”.

Poi nel 2013 abbiamo editato il nostro primo libro, “Il libro fondativo per incontrare l’umano” – Sestante editore, che contiene la nostra proposta. Il libro è stato scritto dopo alcuni anni di sperimentazione, non avevamo l’idea di scriverlo. Abbiamo pensato di raccogliere quelle prime esperienze precedute da una conversazione con Paolo Molinari, perché ci sembrava un contributo prezioso, anche se in fieri.

Nel 2017 abbiamo cominciato a essere presenti all’interno dell’associazione Diesse come Bottega del Libro Fondativo, trovando attenzione e collaborazione.

Da cinque anni partecipiamo, come Bottega, alla Convention annuale di Diesse e proponiamo sulla piattaforma Sofia i nostri Corsi di formazione.

La lettura integrale di testi letterari spesso a scuola non viene svolta per varie ragioni, come p. es. il poco tempo a disposizione per svolgere il programma ministeriale, o per il fatto che l’approccio ai testi privilegia le analisi stilistiche, formali, storico-sociali e non si lascia il tempo per confrontarsi con la visione dell’uomo e del mondo di cui ogni testo è portatore. Quali sono le potenzialità educative della vostra proposta? Quali consigli dareste e quali strumenti offrite a quei docenti che volessero cominciare a sperimentare nelle loro classi questa attività?

Le potenzialità sono grandi. Le esperienze che vediamo parlano di risultati importanti da due punti di vista: quello educativo e quello culturale. In particolare, il lavoro di riflessione sui contenuti permette di affrontare le domande esistenziali dei bambini/ragazzi che trovano finalmente un luogo (costituito dall’Autore, dai compagni e dall’insegnante) in cui queste domande possono essere dette e affrontate. Tutti questi aspetti emergono nei Quaderni del libro fondativo (Bonomo editore) proprio per documentare ad altri insegnanti che è possibile, anzi consigliabile, compiere vere esperienze letterarie a scuola. Le relazioni contenute nei Quaderni descrivono il tipo di lavoro avvenuto nelle classi e i risultati ottenuti, appunto, in termini educativi e culturali.

Le attuali Indicazioni Nazionali lasciano spazio a questo tipo di approccio in ogni ordine di scuola. Occorre decidere se dare spazio o no all’incontro con gli autori.

Il consiglio è quello di cominciare con un testo breve, ritagliando uno spazio all’interno delle ore di lezione, preparando l’attività con precisione, essendo sempre pronti all’imprevisto, come sempre nel campo dell’educazione.

In questo senso i Quaderni intendono offrire degli spunti concreti, per il momento su La Divina Commedia (pocket), La strada di Mc Carthy, Pinocchio, Omero.

Prima ancora, però, consiglio la lettura del nostro libro “Il libro fondativo per incontrare l’umano” che contiene la nostra proposta. Alla fine del libro è riportato il pensiero di sei importanti autori sull’importanza della letteratura: Tolkien, Bettelheim, Steiner, Kasatkina, D’Avenia, Ada Negri, Florenskij, Arslan. È una parte fondamentale.

Quindi i primi strumenti sono i libri che sono già stati editati e che segnano la strada.

Poi ci sono i nostri corsi a cui è possibile iscriversi. Inoltre è possibile consultare il blog che il nostro collaboratore/ insegnante di Torino, Paolo Ferrero Merlino, responsabile della Bottega, sta sistemando (librofondativo.com). Sul blog è possibile vedere nel dettaglio le nostre pubblicazioni.

Essendo Paolo Molinari di Verona, si può pensare anche ad un incontro in presenza con lui per impostare un lavoro in classe.

I destinatari dei vostri corsi e pubblicazioni sono soprattutto insegnanti di scuola primaria o secondaria di primo grado. Ritenete che tale metodo possa trovare applicazione anche nella scuola secondaria di secondo grado? Nella vostra esperienza ci sono classi delle superiori che lo hanno praticato? 

In realtà i destinatari sono gli insegnanti di tutti gli ordini di scuola (tranne la Scuola dell’Infanzia).

È vero che il nostro lavoro è nato nella scuola primaria, ma poi si è aperto alla scuola secondaria di primo e di secondo grado. Sono convinta che la scuola superiore possa essere un ambito privilegiato per questo tipo di lavoro, sia per l’ampia scelta degli autori, sia per la maturità degli studenti. Diciamo che il cammino è segnato dagli insegnanti che si coinvolgono. Alle scuole superiori ci sono fatti significativi anche se non numerosi come negli altri ordini di scuola.

Siamo in contatto con professori di altre città come pure siamo in contatto con altre esperienze similari: il confronto è utile e necessario per verificare la strada da percorrere.

Un’esperienza recente riguarda una professoressa dell’Istituto Tecnico Marconi di Verona. In settembre in una classe terza a maggioranza maschile, ha letto alcune fiabe di Andersen, secondo le modalità da noi proposte; c’è stata attenzione e anche coinvolgimento. Può sorprendere la scelta della lettura di fiabe alla scuola superiore, ma non dobbiamo dimenticare che Roberto Filippetti, professore e scrittore, per trent’anni l’ha fatto con successo negli Istituti Tecnici, tra l’altro ripescando magnifiche fiabe di Andersen che non erano conosciute. Del resto, Tolkien diceva che le fiabe sono scritte per gli adulti.

In collaborazione con l’Associazione Diesse, all’interno de “Le botteghe dell’insegnare”, voi proponete quest’anno un corso annuale dal titolo La fiaba: L’archetipo del racconto. Vuole illustrarci il contenuto di tale corso?

Il Corso di quest’anno, che è già iniziato, prevede l’intervento di due persone che ci aiutano ad approfondire il perché è importante leggere le fiabe: Alberto Bordin, autore de “L’osso del racconto” ed Emma Bacca.

La fiaba è una forma di racconto breve che ha lo scopo di comunicare il valore delle cose. Ascoltare o leggere una storia significa imparare indirettamente, è un’esperienza virtuale che permette di vivere situazioni dolorose e drammatiche non correndo rischi e preparando ad affrontare la vita reale. In particolare, la fiaba è il viaggio dell’eroe verso il senso delle cose: troviamo la sua fatica, la sofferenza, la bellezza, la necessità del cambiamento per offrire alla fine la speranza. Non è questo ciò di cui c’è bisogno?

“Le fiabe non raccontano ai bambini che i draghi esistono. I bambini lo sanno già. Le fiabe raccontano ai bambini che i draghi possono essere sconfitti” diceva Chesterton. 

Già pensiamo al Quaderno n° 4: sarà sulle fiabe

Alessandro Cortese