G. Camiciotti, A. Modugno, edizioni Ares 2019

In una società dove mancano le relazioni, dove l’obiettivo dei giovani è più apparire che essere, sono gli adulti a giocare un ruolo fondamentale. In questo testo, rivolto a genitori e docenti, viene offerto qualche spunto per accompagnare i ragazzi nella difficile scalata dell’adolescenza.

“Buona arrampicata”

Con queste parole Gianpiero Camiciotti e Alessandra Modugno concludono il testo dal titolo “Adolescenti senza limiti – Genitori & Scuola nell’era digitale”, pubblicato nel 2019 da Ares.

Anche l’immagine di copertina suggerisce come l’argomento del libro possa essere paragonato alla scalata di una montagna: un percorso difficile, irto di ostacoli e di sentieri sbagliati, ma che porta a ritrovarsi, consapevoli e sudati, di fronte ad un panorama meraviglioso una volta arrivati in vetta.

Il libro parla agli adulti, genitori ed insegnanti, e analizza quello che è forse il periodo più complesso della vita di una persona, da tutti i punti di vista: l’adolescenza.

Il testo si basa su un dato di fatto, spiegato dettagliatamente nel primo capitolo: il periodo dell’adolescenza, ormai, non ha più limiti. Se per le scorse generazioni si potevano definire, più o meno precisamente, un’età d’inizio ed una di fine dell’adolescenza, nella cosiddetta “generazione Z” non accade più; i ragazzi entrano in questa fase sempre con maggiore anticipo (a causa, anche, di una realtà che li stimola su tutti i livelli) e tendono ad uscirne sempre più tardi, tanto da portare gli addetti ai lavori a parlare di “adultescenza”, cioè di persone adulte che vivono ancora parecchi ritorni adolescenziali, poco consoni alla loro età anagrafica.

Proviamo a pensare a quante mamme vediamo pubblicare selfie sui social, in cui si ritraggono in palestra con la figlia, o a padri vestiti allo stesso modo dei propri ragazzi, che fanno di tutto per mettersi al loro stesso livello, con l’utopia che un rapporto “tra amiconi” possa servire per mantenere un dialogo.

Questo atteggiamento, invece, può rivelarsi controproducente, poiché porta i nostri ragazzi a non avere delle figure di riferimento che li aiutino a strutturare il proprio Sé, la propria spina dorsale e quindi a trovarsi costretti a ricercare attenzioni e risposte in una realtà virtuale e piena di stereotipi da soddisfare, con il rischio di essere catturati da altre dipendenze.

L’accettare ciò che fino a qualche tempo fa era visto come trasgressione, il libero accesso alla rete e quindi a qualsivoglia informazione, anche non adatta all’età che i ragazzi stanno attraversando, la comparsa di nuovi fenomeni legati alla rete come la nomofobia, oppure il vamping, sono campanelli di allarme che devono portare gli adulti a sentire fortemente la necessità di un’azione educativa efficace. Come fare per aiutare questi giovani? Gli autori suggeriscono una “distante prossimità”, cioè una relazione in cui il ragazzo si senta considerato, sostenuto, ma allo stesso tempo non braccato, che si senta accolto, non giudicato, ma libero di sviluppare una identità propria, non per forza omologata alla volontà dei genitori o, ancor peggio, della massa.

Si parla nel libro di “verità della relazione”, in cui anche l’adulto si mette in discussione, si interroga e aiuta l’adolescente a sviluppare il proprio pensiero critico, a conoscere i propri limiti e punti di forza, ad affrontare le difficoltà senza evitarle, a scontrarsi con i fallimenti senza perdere la propria autostima.

Avere una chiara coscienza di Sé, di ciò che si è, dare peso al proprio essere interiore piuttosto che all’avere esteriore, aiuta il ragazzo a rimanere in contatto con la propria realtà e ad evitare che siano altre persone a guidare le proprie scelte. I capitoli successivi del libro sviluppano proprio il tema di una delle scelte più importanti, forse la prima vera scelta autonoma che un ragazzo si ritrova a dover prendere: quella della scuola superiore (o secondaria di II grado). Va da sé che un adolescente che abbia chiare le sue progettualità, le sue carenze e i suoi talenti, avrà meno difficoltà nel capire quale potrà essere il proprio percorso e non dovrà delegare ai genitori la decisione e, come accade spesso, la responsabilità di un eventuale fallimento.

Il passaggio dalla scuola secondaria di primo a quella di secondo grado, porta con sé notevoli differenze ed altrettante difficoltà: l’atteggiamento più distaccato del docente, il diverso carico di studio, l’esigenza di un impegno costante, sono più semplici da affrontare se uno studente è autonomo ed ha chiare le proprie motivazioni e i propri obiettivi. Compito degli adulti è sicuramente quello di creare una sinergia tra scuola e famiglia, per stimolare i giovani a vedere lo studio e la conoscenza come formazione per la loro vita e non come mero orientamento al voto, per dare valore al lavoro e sviluppare in loro la determinazione a svolgerlo con impegno e dedizione e, ultimo ma non meno importante, per imparare a cogliere il motivo dei propri successi ed insuccessi, a dare significato alle proprie delusioni.

Tutto questo è attuabile se il genitore è presente, se fa sentire il ragazzo accolto e sostenuto, se dimostra interesse non tanto per il risultato, quanto per il percorso fatto per ottenerlo; tale percorso si conclude con l’Esame di Stato, simbolicamente conclusivo di un ciclo di studi, ma anche del periodo adolescenziale, poiché proietta il ragazzo in un mondo lavorativo o di Studi universitari, prima grande prova per testare la propria struttura interiore, la stabilità e la forza del proprio Sé. 

Concludendo, questo libro presenta una realtà difficile, a volte spaventosa o che può sembrare esagerata, delineando una generazione di adolescenti spaesati e che si fanno trascinare dal primo che li faccia sentire importanti; allo stesso tempo, però, permette a noi adulti, ciascuno nel proprio ruolo, di metterci in discussione, di capire quale grande e stupenda responsabilità abbiamo verso i nostri giovani e quanto si possa fare per farli sentire importanti, per aiutarli ad essere adulti un po’ più felici.

Elena Dal Pan