Aiutami ad essere felice – (Newsletter n.5 dicembre 2020)

Dic 23, 2020

Già negli anni ’60 la perdita di autorevolezza da parte delle figure genitoriali ed adulte nei confronti dei giovani era stata preannunciata come una delle più acute crisi educative con tutte le conseguenze che essa avrebbe comportato sul piano della formazione e dei rapporti intergenerazionali. A distanza di quasi sessant’anni, gli effetti di questo fenomeno sono visibili in tutta la loro allarmante portata, caratterizzata anche dal progressivo disinteresse del mondo adulto per l’impegno educativo. Non ci si può lamentare se oggi risulta sempre più difficile dialogare con i giovani e se essi, di contraccolpo, presentano in tutta la loro ampiezza i segni di un crescente disagio esistenziale. E’ come se un po’ alla volta, ma oggi ancor di più, il mondo giovanile si fosse ripiegato su sé stesso, quasi senza speranze, “orfano” di modelli e di proposte credibili.

Un tema molto attuale quello dell’educazione e dell’orientamento dei giovani alla vita, eppure tanto ancestrale quanto l’essere umano, coincidente con la stessa felicità, incessante appello che da sempre sale dall’animo giovanile verso le generazioni adulte: “Aiutami ad esser felice”.  

Perché una così aperta, disarmante domanda di felicità? Le ricerche della stessa psicologia prenatale e neonatale dimostrano che già nel grembo materno questo è anche l’impulso originario, pur non ancor cosciente ma risoluto, che il bambino invia ad entrambi i genitori: “Mamma e papà, ho bisogno di voi. Ho voglia di vivere. Vi chiedo un solo dono, più prezioso di tutti: aiutatemi a crescere felice”. Basta saperlo cogliere – questo “grido”, imparando l’alfabeto dell’accoglienza e del dialogo, fin dal concepimento del bambino e poi via via negli anni della sua crescita.

E’ da queste riflessioni anche che ha preso avvio e si è recentemente sviluppato un intenso dialogo tra tre Associazioni professionali di Insegnanti italiani: l’Istituto di scienze dell’apprendimento e del comportamento prosociale di Perugia; il Centro Studi per l’educazione di Verona; la Rete Insegnanti Italia di Roma.  Dalla sinergia di queste qualificate agenzie educative, già dalla primavera di quest’anno, in piena pandemia, è nata l’idea di promuovere un corso di formazione per gli Insegnanti sul tema “felicità” e di approfondirne le modalità con cui nel contesto scolastico essa fa da sfondo e da fondamento all’imparare stesso.

Si è scelto di dare al corso un titolo “provocatorio: “Aiutami ad essere felice” e come sottotitolo: “Quella luce nei loro occhi” a sottolineare gli effetti nello sguardo e nell’animo dei ragazzi se il loro pressante invito fosse veramente ascoltato dagli adulti. Un corso che si è sviluppato a distanza, lungo 5 moduli formativi con lezioni e laboratori nel periodo novembre 2020, e che ha suscitato la viva partecipazione di cento e più Insegnanti collegati da tutt’Italia.

Lungo l’arco di quattordici ore strutturate in lezioni on-line, si sono potuti focalizzare sostanzialmente i motivi-guida che hanno fatto da sfondo allo svolgimento del corso.

Innanzitutto la riflessione sul titolo: Aiutami ad essere felice, forte sollecitazione che l’Insegnante dovrebbe esser in grado di cogliere dai suoi studenti come appello ad esser educati ad una vita buona: solo una vita vissuta per il Bello, per il Giusto, per il Buono può ricondurre la persona alla radice della sua chiamata ad “essere”. 

Poi, un approfondimento del sottotitolo Quella luce nei loro occhi, a rappresentare lo stato di stupore dell’Educatore quando coglie nel volto dei giovani la gioia di aver raggiunto un risultato, un traguardo tanto sognato e atteso, per il quale hanno sperato e lottato. Gioia di una conquista, che sostanzialmente è sana competizione con sé stessi, reale senso dei propri limiti e delle proprie difficoltà. Sguardo di realtà, ma proteso anche alle “altezze” del pensare e dell’agire, alla ricerca di senso e di metodo per la propria realizzazione: una crescita progressiva, vissuta nella consapevolezza che essa è frutto di una continua relazione con gli altri, con sé, ma anche con l’Altro, inteso come “terzo” della relazione stessa, Ideale, orizzonte valoriale che orienta, dà senso e vita. 

Un corso formativo molto impegnativo -quello sperimentato- in cui la parte più generale di riflessione teorica ben si è intrecciata con la pratica laboratoriale, declinata secondo alcuni importanti ambiti applicativi dell’insegnamento: la letteratura, la scienza, la storia e l’arte. Già dai titoli dei laboratori stessi si può cogliere il grande spessore pedagogico-didattico che ha caratterizzato il corso: Sorpreso dalla gioia. Percorsi nella letteraturaMa la scienza può dare felicità? – Le forze che muovono la storia sono le stesse che rendono l’uomo felice – L’arte e la felicità, ovvero come rendere visibili le cose invisibili.

Si è convenuto che mai come oggi il tema della felicità si pone in campo scolastico come determinante finalità educativa. Il disorientamento e l’abbandono da parte della società adulta di un coerente progetto valoriale impongono domande cruciali su finalità, metodi didattici e stili relazionali, sul senso dell’educare. Ciò implica la messa in discussione anche di come gli Insegnanti vivono la loro professione e si mettono in relazione con gli studenti, quali motivazioni e domande di senso sanno far emergere nell’incessante quotidiano dialogo formativo.

Educare alla felicità, allora, è compito essenziale che coinvolge il campo dell’intelligenza socio-emotiva, cognitiva, etica.

Una finalità non dettata solo da nuovi contesti sociali e culturali. È prima di tutto un dovere morale di chi non rinuncia mai a interrogare la vita e a interrogarsi, a sperare e a lottare “per” e “con” le giovani generazioni. Come confermano a livello internazionale le più accreditate ricerche psicopedagogiche, educazione e istruzione rappresentano poli interdipendenti e inscindibili dello stesso processo formativo: nelle scuole dove si punta ogni giorno a sostenere l’impegno personale e lo sviluppo del carattere, il senso di reciproca appartenenza e di responsabilità, gli studenti sono altamente motivati a dare il meglio di sé e a impegnarsi efficacemente nello studio. Una “scuola di vita”, prima di tutto, per il conoscere, per il saper fare, per l’essere. Di questo i partecipanti al corso sono profondamente convinti e pronti a donare il meglio di sé, la loro testimonianza e tutte le loro competenze.

E’ in gioco la felicità dei nostri giovani. E di questo se ne sono assunti tutta la responsabilità in un patto di reciproco impegno a proseguire insieme con coraggio.

Michele De Beni