A termine di un lungo iter legislativo, il 20 agosto 2019 il Parlamento Italiano promulgò la legge n. 92/2019 riferita all’introduzione dell’insegnamento scolastico della cosiddetta “Educazione Civica” nelle scuole di ogni ordine e grado presenti sul territorio nazionale.


Con il presente articolo non si è assolutamente intenzionati a presentare i dettagli tecnici per il migliore insegnamento della disciplina agli studenti, per essa rimando alle Linee Guida pubblicate dal MIUR alcune settimane fa. Si cercherà invece di tratteggiare gli aspetti di novità della disciplina, le grandi opportunità educative che propone e, consecutivamente, i rischi e pericoli che inesorabilmente la accompagnano.

La legge, varata durante le ultime settimane del governo Conte I (quello “gialloverde”, per intendersi), si prefigge lo scopo di «formare cittadini abili e attivi» e di «promuovere la partecipazione piena e consapevole alla vita civica, culturale e sociale delle comunità, nel rispetto delle regole, dei diritti e dei doveri» (Art. 1). Per raggiungere tale obiettivo, la legge individua due pilastri essenziali da far conoscere: la Costituzione Italiana e le istituzioni dell’Unione Europea (Art. 2).


Ora, per comprendere pienamente le novità dell’insegnamento, è necessario ricordare che siamo dinanzi a una materia sostanzialmente diversa da quell’Educazione Civica che, almeno credo, molti hanno avuto modo di conoscere nei decenni passati.
Le Linee Guida che accompagnano la legge infatti vanno ben oltre la promozione della conoscenza della Carta Fondamentale dello Stato o delle Istituzioni europee, giungendo a enucleare tre macro-aree che si rifanno direttamente all’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile promossa dall’ONU: esse sono:
– Costituzione, diritto nazionale e internazionale, legalità e solidarietà;
– Sviluppo sostenibile, educazione ambientale, conoscenza e tutela del patrimonio e del territorio;
– Cittadinanza digitale.


Questa pluralità tematica richiama fortemente un altro carattere dell’insegnamento: la contitolarità e quindi la trasversalità. Ciò è, a mio parere, il grande punto di forza della nuova disciplina. Al netto di una programmazione didattica ben costruita da un valido e coordinato gruppo di docenti, la possibilità di sviluppare tematiche affini con modalità e tecniche differenti in ogni singola disciplina è effettivamente una grande possibilità didattica. Uscire dagli scompartimenti stagni degli insegnamenti, apparentemente muti e sordi tra di loro, creando un linguaggio trasversale e complementare, potrebbe favorire notevolmente lo slancio critico, la costruzione concettuale, la libera interpretazione del pensiero, il gusto e il fascino della ricerca e della scoperta. È un’opportunità da cogliere.


D’altro canto la nuova legge potrebbe comportare dei pericoli educativi non così troppo celati. La forte «liquidità» dei programmi proposti, definiti dalle suddette tre macro-aree in cui trova spazio un po’ di tutto, lascia un’ampia libertà di scelta all’insegnante. Una libertà, si ricordi, comunque condizionata dall’Agenda 2030. Ciò non è, in linea di principio, un male, anzi. Tuttavia, come ben sappiamo, la libertà non può essere tale senza responsabilità. In primis, responsabilità dell’insegnante, il quale è moralmente obbligato a strutturare un percorso idoneo ai suoi studenti, senza lasciarsi tentare da quel desiderio di «educazione delle folle» tipiche di uno Stato Etico, fortemente indottrinante e indottrinato. Tale rischio è presente nel nostro Paese, in tutte le scuole, eredità di un passato neanche troppo lontano. In secundis, responsabilità della famiglia, principale e finale custode dell’educazione dei figli (cfr. Art. 26, comma 3, Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, 1948), chiamata a monitorare i programmi scolastici e obbligata a intervenire nel caso in cui l’insegnamento di Educazione Civica diventasse terreno di proselitismo ideologico, di qualsiasi tipo esso sia. Il pericolo è dietro all’angolo, bisogna dunque vigilare.


Libertà e Responsabilità in una Scuola alleata con la Famiglia. Solo grazie a questi connubi, solo grazie a un intenso desiderio di accostarsi alla Ricerca del Vero, del Bello e del Bene si potrà sperare di formare «cittadini consapevoli» del loro posto nel mondo.
Solo così l’Educazione potrà essere veramente «civica» e, di riflesso, la Civiltà diventerà anch’essa «educativa».

Stefano Sasso