Francesco legge Dante: un commento alla lettera apostolica Candor Lucis aeternae – (Newsletter n.9 aprile 2021)

Apr 29, 2021

Il 25 marzo 2021, Solennità dell’Annunciazione del Signore e giornata nazionale dedicata alla riscoperta delle opere di Dante Alighieri (il “Dantedì”, istituito dal Consiglio dei ministri il 17 gennaio 2020), papa Francesco ha emanato la lettera apostolica Candor Lucis aeternae (“Splendore della Luce eterna”, dalla prima frase della versione originale in latino del documento), interamente dedicata al Sommo Poeta.

Con questa lettera, consultabile anche sul sito istituzionale della Santa Sede – http://www.vatican.va/content/francesco/it/apost_letters/documents/papa-francesco-lettera-ap_20210325_centenario-dante.html (25-04-2021) -, il Santo Padre non solo si accoda ai numerosi uomini di cultura e delle istituzioni, intellettuali o semplici appassionati che da tutte le parti del mondo hanno decantato, in queste settimane, le opere del poeta fiorentino, scomparso a Ravenna esattamente 700 anni fa.

Con tale lettera papa Francesco vuole infatti rafforzare la continuità del suo magistero con quello dei predecessori. Non poche sono state, nel passato più o meno recente, le parole spese dai Romani Pontefici per esaltare le opere dell’Alighieri e, allo stesso tempo, per suggerirne la lettura e l’approfondimento spirituale alle comunità cristiane di tutto il mondo.

Non è un caso quindi che, dopo una breve introduzione in cui il papa individua in Dante colui che, meglio di molti altri, «ha saputo esprimere, con la bellezza della poesia, la profondità del mistero di Dio e dell’amore» [pag. 2], Francesco dedichi una buona parte della lettera a presentare i principali interventi pontifici su Dante sin dai tempi di Benedetto XV (autore, nel 1921, della lettera enciclica In praeclara summorum, interamente dedicata al Poeta). In questo senso la Candor Lucis aeternae rappresenta uno strumento straordinario per poter ripercorrere, secondo una prospettiva originale, la storia della Chiesa cattolica nell’ultimo secolo.

Il Santo Padre sofferma la sua analisi storica in particolare sul rilancio della figura di Dante Alighieri durante il Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965), al termine del quale Paolo VI, oltre ad emanare la lettera apostolica Altissimi cantus per il settimo centenario della nascita di Dante, donò ai padri conciliari una copia della Commedia.  A seguito del rinnovamento conciliare e dinanzi alla necessità di individuare modelli culturali in grado di arginare la crisi educativa della società europea, divenuta lampante soprattutto dalla fine degli anni Sessanta del secolo scorso, si può notare come i papi e la Chiesa abbiano sempre più individuato in Dante e nelle sue opere  un’ancora di salvezza per il Vecchio Continente. Si legge infatti nel documento papale che «l’opera di Dante […] è parte integrante della nostra cultura, ci rimanda alle radici cristiane dell’Europa e dell’Occidente, rappresenta il patrimonio di ideali e di valori che anche oggi la Chiesa e la società civile propongono come base della convivenza umana, in cui possiamo e dobbiamo riconoscerci tutti fratelli» [pag. 6]. La citazione precedente rappresenta forse il passo cruciale della lettera, scritta da un papa latino-americano, giunto dalla “fine del mondo”, che si sente profondamente europeo e che individua in Dante un araldo dell’europeità e della fraternità cristiana.

L’attenzione successiva di Francesco si sofferma sul valore strettamente educativo della Commedia, in cui il viaggio attraverso le tre cantiche rappresenta un «paradigma della condizione umana» [pag. 7] e in cui il Dante-pellegrino assume la fisionomia del «profeta di una nuova umanità che anela alla pace e alla felicità» [pag. 8]. Nella Commedia, sottolinea Francesco, Dante si fa paladino della libertà dell’uomo e della ricerca di Dio, vengono esaltate le virtù della misericordia e della giustizia, trova spazio l’eroicità tipicamente femminile di Maria, Beatrice e Lucia e la povertà di Francesco d’Assisi.

La proposta educativa di Dante, ribadisce il Santo Padre nella parte conclusiva del testo, rimane attuale ancora oggi perché «il suo umanesimo è ancora valido» [pag. 14] ossia perché è ancora in grado, come pochi altri casi, di parlare direttamente al cuore dell’uomo e di indirizzarlo alla ricerca di quel Dio in grado di colmare le speranze profonde dell’umanità. È per questo motivo che, come si può leggere in conclusione alla lettera, il papa invita la cristianità a divenire “compagna di viaggio” di Dante e intraprendere, insieme a lui, quell’unica Via che permette di «vivere pienamente la nostra umanità, superando le selve oscure in cui perdiamo l’orientamento e la dignità» [pag. 13].

A noi insegnanti, insieme a tutto il mondo intellettuale di questo Paese, è dunque richiesto di lasciarsi conquistare dalla bellezza delle opere del Sommo Poeta e, di conseguenza, divenire testimoni della modernità del messaggio dantesco per un’umanità che ha sempre più sete di speranza e di pace.

Stefano Sasso