Paese: Francia – Durata: 104 minuti – Regia: Nicolas Philibert

Recensione

La cinepresa del regista Nicolas Philibert filma le vicende di una scuola rurale francese in tutta la loro naturalezza e genuinità, senza alcun artificio. Si tratta, infatti, di un film documentario che permette allo spettatore di seguire, passo dopo passo, le vicissitudini di un maestro sulla soglia della pensione, Georges Lopez, impegnato ad accompagnare una pluriclasse composta da bambini e adolescenti. Un contesto particolare come questo richiede all’insegnante un approccio altamente personalizzato, lavorando sul riconoscimento delle differenze e dei talenti di ciascuno. Spesso lo si vede abbassarsi all’altezza dei suoi allievi, proponendosi non come un’autorità che parla sempre dall’alto, ma come una presenza che sa porsi al livello dei suoi studenti per supportarli nella loro crescita.
Il film si apre con l’immagine di una gelida bufera di neve, posta subito in contrapposizione con quella di un’aula scolastica dal clima caldo e accogliente. Questa scena iniziale può essere facilmente letta attraverso una lente metaforica: il mondo in cui il bambino è immerso e sul quale è chiamato ad operare, in maniera unica e speciale, è indiscutibilmente complesso; la scuola, dunque, si presenta come quel luogo sicuro che prepara ad affrontare la vita nel migliore dei modi, fornendo tutti gli strumenti culturali e formativi necessari. 
Un’altra immagine, anch’essa significativa per la sua valenza simbolica, è quella di due tartarughe che si spostano con la loro naturale lentezza all’interno di un’aula scolastica, per poi giungere ai piedi di un mappamondo, che osservano con interesse e curiosità; anche questa immagine si presta ad una serie di riflessioni: così come le tartarughe impiegano diverso tempo per arrivare di fronte al globo terrestre, allo stesso modo il percorso che i bambini devono affrontare per conoscere la realtà è indubbiamente lungo e non privo di difficoltà; conseguentemente, gli insegnanti, in quanto educatori, sono sì chiamati a guidare i propri studenti alla comprensione della realtà e alla scoperta delle verità ultime dell’esistenza umana, ma non senza rispettare i loro tempi e salvaguardare la loro libertà interiore, evitando forzature e precocità. Inoltre, la scuola ha il compito di creare le condizioni affinché gli studenti possano sperimentare lo stupore di fronte al mondo che li circonda in maniera naturale e spontanea, perché è proprio dallo stupore che scaturiscono le cosiddette “domande fondamentali”, necessarie per crescere e maturare. In particolare, in una società come la nostra, fortemente radicata sul relativismo, o su un generalizzato scetticismo, educare i giovani ad uno sguardo che sia realista, coerente, sincero e aderente alla realtà risulta essere di capitale importanza. 
Un’altra scena interessante è quella in cui il maestro Lopez invita un bambino ad elencare a voce alta la progressione dei numeri. In questo modo l’allievo scopre praticamente da solo i numeri nel loro susseguirsi; solo quando non è più in grado di procedere oltre, il maestro gli dà qualche piccolo suggerimento per proseguire. L’insegnante, dunque, non si limita ad una mera trasmissione di nozioni, ma guida il bambino verso un naturale e graduale possesso della conoscenza, partendo da ciò che egli già sa.
Una postura che caratterizza il maestro Lopez è certamente la disponibilità all’ascolto, sia con i bambini che con i genitori. In particolare si può evincere da diversi dialoghi come egli non abbia timore nell’affrontare temi impegnativi con i propri alunni, come può essere la malattia e la sofferenza. Inoltre, quando si presentano situazioni problematiche, come litigi ed incomprensioni, il maestro Lopez dà voce alle dinamiche che si sono venute a creare ed esterna i punti di vista e le posizioni dei bambini coinvolti, in modo tale che possano riflettere sull’accaduto e comprenderne i meccanismi. Adoperando questo ruolo di moderatore e aiutando i bambini a decentrarsi, il maestro li mette nelle condizioni di poter gestire positivamente i futuri conflitti. Non a caso l’insegnante non sminuisce o sottovaluta le cause dei litigi, ma li affronta con serietà. Il confronto, così gestito, si trasforma in una preziosa occasione di crescita cognitiva, emotiva e sociale. 
L’insegnante, quindi, aiuta i bambini a decentrarsi e ad assumere una postura empatica. L’esempio che offre l’adulto è indubbiamente fondamentale: si può dire, infatti, che il maestro Lopez abbia uno stile comunicativo che incarna una profonda empatia, sensibilità e delicatezza, qualità certamente non incompatibili con la fermezza.
La professione dell’insegnante, data dall’intreccio tra educazione ed istruzione, richiede indubbiamente un’enorme responsabilità, perché, anche se non in maniera totalizzante, ci si fa carico del destino di un bambino; inoltre richiede una profonda umiltà: il maestro o la maestra entra in classe non per ricevere delle autogratificazioni, ma per mettersi al servizio dei bambini. Infatti, proprio nel momento in cui dona ai bambini ciò che è, ciò che possiede di bello, gradualmente e in modo naturale fiorisce anche la loro bellezza. 
Per concludere questo spazio dedicato al film Essere e avere riporto alcune parole, semplici ma significative, che il maestro Georges Lopez pronuncia di fronte alla telecamera, quando racconta del perché abbia scelto di diventare insegnante: “Amo molto il lavoro con i bambini, loro mi danno molto in cambio”.