Liberamente Veronica. I miei 30 giorni senza i social – (Newsletter n.2 settembre 2020)

Liberamente Veronica. I miei 30 giorni senza i social – (Newsletter n.2 settembre 2020)

Fernando Muraca, Città Nuova Editrice

“La vita può cambiare in un attimo quando meno te lo aspetti”: con queste parole Erika (soprannominata Squillo per i suoi modi emancipati) offre all’amica Veronica – e indirettamente a noi lettori – una delle chiavi interpretative della realtà e di questo libro singolare, scritto dal regista e sceneggiatore Fernando Muraca.

La trama è molto semplice: una ragazza quindicenne decide di raccogliere la sfida lanciata dalla sua prof e di fare l’esperimento di prescindere per trenta giorni dai social, trascrivendo sul suo diario ciò che accade, fuori e dentro di sé. Ne risulta una vicenda intrigante, che ti prende dall’inizio alla fine, ricca di episodi divertenti, di colpi di scena e di cambiamenti, dapprima lievi, poi sempre più profondi.

Attraverso gli occhi e il cuore di questa adolescente non comune e tuttavia normale (è sorprendente la capacità dell’Autore di immedesimarsi nel mondo interiore dei giovani, con le loro visioni, abitudini, legami, paure e aspettative…) il lettore assiste e partecipa a una vera e propria rivoluzione copernicana: gli sembra di “uscire da una bolla”, scoprire la realtà (quella che si tocca e che ha odore), “vedere” le persone, permettendo di conseguenza all’amicizia (quella vera) di fiorire. Emblematici, a questo riguardo, i cambiamenti nei soprannomi che Veronica usa affibbiare alle persone intorno a sé: Squillo diventa semplicemente Erika, mentre Anna (l’amica creduta tale) viene ribattezzata Codardia. E ce n’è per tutti… (compreso LGBT, il compagno verso il quale Veronica si era fatta qualche illusione, prima di scoprirne l’orientamento omosessuale…).

Al rituale dei soprannomi e del loro cambio non sfugge neanche la prof responsabile dell’avvio dell’esperimento: inizialmente chiamata La Balena Bianca, con allusione impietosa alla sua corporatura, si svela progressivamente agli occhi di Veronica, fino a diventare semplicemente La Bianca, un’insegnante non perfetta, con le sue vulnerabilità, ma appassionata dei suoi ragazzi, credibile agli occhi dei giovani. Una prof, come ammette la stessa Veronica, che “ti guarda e ti vede”, capace di spogliarsi degli abiti del docente per mettersi al tuo fianco.

Personaggio, dunque, degno di nota per chi ha fatto della docenza il suo lavoro.

Il libro di Muraca è certamente supportato da una profonda conoscenza dell’influenza dei social sugli stili di vita e i modi di pensare di giovani e adulti (come prova anche la bibliografia che l‘Autore ha posto in appendice), ma l’intento pedagogico non prende mai il sopravvento: Liberamente Veronica non è un saggio, rimane un romanzo e come tale va letto.

Tornando alle parole di Erika citate all’inizio, ciò che colpisce in questa storia è il fatto che dal coraggio di cambiare qualcosa nella propria vita dipendono effetti insospettati, anche nelle persone intorno a noi, la cui vita è inscindibilmente intrecciata alla nostra. Ma non voglio togliere al lettore il gusto di scoprire l’evoluzione dell’intreccio…

Così come non voglio togliere la sorpresa di scoprire chi è veramente Veronica. Confesso che mi sono fatto questa domanda fin dalle prime pagine del libro: la protagonista di questo diario è reale o è una semplice finzione letteraria? A svelare l’enigma è lo stesso Autore nella postfazione al libro. E anche in questo caso la risposta non è scontata…

Quasi nemici – L’importante è avere ragione – (Newsletter n.2 settembre 2020)

Quasi nemici – L’importante è avere ragione – (Newsletter n.2 settembre 2020)

Paese: Francia – Durata: 96 minuti – Regia: Yvan Attal

Un professore emerito della Parigi benestante, legato alla retorica classica e noto per essere un gran provocatore dai modi burberi, e una giovane ragazza di origini arabe che proviene dai sobborghi parigini e sogna di diventare un avvocato.

Questi i protagonisti di una pellicola divertente e profonda allo stesso tempo, che mette al centro il potere della parola e ha una forte missione pedagogica, trattando tematiche come l’accettazione della diversità e l’integrazione. L’incontro tra i due avviene in maniera brusca durante la prima lezione di diritto in cui Neila, matricola di giurisprudenza, arriva in ritardo e viene pubblicamente umiliata dal professore, Pierre Mazard, che la attacca facendo appello alla sua provenienza etnica. Da questo scontro nascerà un rapporto speciale, non sempre facile, che si rivela prezioso e arricchente per entrambi i protagonisti. Inizialmente il professore si avvicina alla ragazza con un intento tutt’altro che altruista: trovatosi di fronte a una commissione disciplinare a causa del suo comportamento razzista, gli viene offerta la possibilità di redimersi preparando Neila al torneo universitario di retorica.

Dopo un primo momento di diffidenza da parte della ragazza, i due iniziano a conoscersi e a fidarsi l’uno dell’altro. Lei impara a leggere gli atteggiamenti scorbutici del professore come delle provocazioni che servono per metterla alla prova, lui escogita delle strategie alternative per calare i suoi insegnamenti di retorica in contesti pratici, come la metropolitana. Questi stratagemmi rimandano all’importanza, nel processo di insegnamento e apprendimento, di proporre sfide concrete che rappresentano una possibilità di crescita per l’allievo. Tenendo fede alla massima delle lezioni di retorica “la verità non importa, ciò che importa è avere sempre ragione”, Neila vince una gara dopo l’altra qualificandosi alla finale di Parigi. In questa occasione, scopre la verità sul motivo per cui Mazard si è preso cura della sua formazione e decide di non presentarsi all’ultima prova. Grazie alle parole del suo ragazzo, Mounir, che la esorta a non mollare dopo tutto ciò che con fatica ha realizzato, inizia una corsa contro il tempo che porterà Neila a testimoniare per difendere Pierre davanti alla commissione d’inchiesta. Dalle parole della ragazza traspare tutta la sua preparazione retorica nella difesa di un accusato, in un discorso che inizia con una serie di critiche, ma si trasforma in un ringraziamento a colui che le ha permesso di conoscere la sua vocazione di avvocatessa.

È alla fine del film che si scorgono i frutti della relazione educativa tra Pierre e Neila, quando il professore rincorre la giovane per ringraziarla ripetendo una frase pronunciata da lei: “quando si parla bene ci si dimentica come dire le cose in maniera semplice”. Una relazione che ha portato Neila a coronare il suo sogno esercitando la professione di avvocato con consapevolezza e professionalità e che, indubbiamente, ha fatto bene anche al cinico professore, che è diventato più umano. Perché, si sa, la relazione educativa arricchisce entrambi i soggetti che la costituiscono, in un modo o nell’altro. Nonostante i suoi modi, Pierre è riuscito a trasmettere a Neila la passione per la sua materia e la tenacia nell’affrontare le sfide, dandole fiducia e credendo in lei. Caratteristiche, queste, che fanno parte della missione dell’insegnante, chiamato a stare dalla parte degli alunni e a sostenere le loro passioni e inclinazioni perché possano trovare il loro posto nel mondo.