Il 21 marzo è stata celebrata la Giornata mondiale della Sindrome di Down.
A pochi giorni di distanza, ospiteremo il professor Pierluigi Strippoli, medico e docente di biologia presso l’Università di Bologna. Partendo dagli studi di Jèrome Lejeune, genetista e scopritore della trisomia 21, il relatore ci accompagnerà in un approfondimento su questo tema, che è realtà per molte famiglie.
Vi aspettiamo martedì 8 aprile 2025 alle ore 16.00 presso l’Aula Magna dell’Istituto Lavinia Mondin (via della Valverde, 19 Verona).
Al di là degli aspetti “tecnico-scientifici”, sarà interessante capire come questa potrà influenzare l’educazione, scolastica e non, dei nostri giovani; questo il tema approfondito nell’incontro che si è tenuto giovedì 27 febbraio 2025 alle ore 17.00 presso l’Aula Magna dell’Istituto Lavinia Mondin, via della Valverde, 19 Verona a cura prof. Stefano Quaglia
Questo libro ci consegna un’esperienza, o meglio, la storia di un viaggio.
Più di cinquant’anni fa, il 17 maggio del 1972, veniva assassinato, innocente, il Commissario Luigi Calabresi e queste pagine ripercorrono la vicenda dal punto di vista della moglie che gli è sempre stata accanto, vedova a venticinque anni con due figli piccoli e uno in attesa.
Gemma Calabresi, divenuta vittima della Storia e del terrorismo nell’Italia degli anni di piombo, con “La crepa e la luce” ci regala un memoir prezioso, un libro straordinario, pieno di umanità, un’intensa testimonianza che ci aiuta a comprendere come, anche dopo un dolore lacerante, dopo il tradimento e la calunnia si può ancora tornare a credere negli altri e ad amare la vita.
Nel susseguirsi di pagine, essenziali per qualsiasi italiano e per qualsiasi cristiano, la ‘crepa’ si allarga sempre di più e fa passare sempre più ‘luce’, quella luce della fede che aiuta l’autrice a riguardare il volto delle persone che fino a poco tempo prima fantasticava di poter uccidere.
Ma il perdono non è un atto, un gesto, è una strada, un percorso faticoso, pieno di sofferenza, anche di passi indietro a volte, prima di giungere alla pacificazione.
Come cristiana, fin da subito, Gemma Calabresi, avrebbe voluto perdonare e, con il suo esempio, permettere ai propri figli di credere ancora negli altri, allontanandoli dall’odio e dal rancore, ma le bastava un articolo di giornale, un reportage televisivo, una scritta che tornava sui muri e lei si sentiva di nuovo scivolare indietro e farsi prendere ‘dalla rabbia sorda che divora’.
La speranza però non la lasciò mai e, a piccoli passi, giunse alla consapevolezza che il perdono non si dà con l’intelligenza, ma con il cuore e che non è cosa di un momento, ma una conquista a cui dedicarsi completamente.
Gli assassini di suo marito avevano disumanizzato Luigi Calabresi con gli slogan, gli articoli di giornale o le scritte sui muri, riducendolo a un simbolo da abbattere , lei invece poco alla volta, si impegnò a “staccare le figure dei suoi assassini dall’album della storia e metterle nella vita, nel mondo, nelle relazioni con gli altri”, a dare loro un volto umano chiedendo a Dio, prima che a se stessa, di ‘perdonar loro’.
Il libro di Gemma Calabresi parla alla sensibilità e al cuore di ognuno di noi.
C’è la crepa, ma c’è soprattutto moltissima luce, a cominciare dalla luce meravigliosa del primo incontro fra Gemma e Luigi Calabresi più di cinquant’anni fa.
Il contesto storico che fa da sfondo e da motore dei fatti è quello dell’Europa divisa dalla “cortina di ferro”: NATO da una parte e i paesi del Patto di Varsavia dall’altro. La guerra fredda proiettava il sospetto e il timore sulla popolazione, con il rischio di vere e proprie rivalse della potenza egemone, come accaduto in Ungheria e in Cecoslovacchia. Il 1968 vide nascere i movimenti di protesta nel mondo studentesco e operaio. Vi furono duri scontri e con il nuovo anno le proteste non cessarono bensì si intensificarono. Il 1969 fu l’anno dell’allunaggio, della protesta di Stonewall, di Arafat presidente dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, del nuovo messale cattolico e del nuovo rito della messa, delle dimissioni di De Gaulle da Presidente della Repubblica Francese, dell’inizio del regime di Gheddafi in Libia, della creazione di ARPANET antenato dell’odierna Internet, del festival di Woodstock. Il 1969 fu l’anno del repubblicano Nixon presidente degli Stati Uniti, quindi dell’inizio dell’avvicinamento degli USA alla Cina.
L’Italia era uno Stato di frontiera per la sua vicinanza geografica ai paesi comunisti che la rendeva “ago della bilancia” in Europa: aveva una posizione strategica nel Mediterraneo, mentre Spagna, Portogallo e Grecia avevano un governo autoritario il nostro era un paese che era uscito dilaniato da una guerra civile, che sembrava non essere mai davvero finita. Aveva ricevuto importanti aiuti grazie al Piano Marshall, ma viveva in un contesto democratico dove vi era una parziale limitazione della sovranità del paese, proprio per il suo ruolo delicato negli equilibri della guerra fredda.
Trattandosi di una guerra non ortodossa, occorreva accertarsi che gli italiani fossero pronti a respingere le forze del Patto di Varsavia ipoteticamente appoggiate dai comunisti già presenti nella penisola. A questo scopo era stata creata l’operazione Gladio gestita dagli Alleati e dai servizi segreti per addestrare civili. I partecipanti dovevano mantenere la segretezza, partecipare alle esercitazioni e restare pronti alla chiamata alle armi. Gladio non era nota al parlamento e quindi estranea al controllo statale, ciò poteva lasciare la porta aperta ad azioni criminose dovute al possesso di armi o conoscenze che normalmente i civili non dovrebbero possedere, sia per l’uso di esplosivi che per il rifornimento di materiale a uso bellico. Vi era un’altra organizzazione parallela, clandestina e non ufficiale, atta sia ad armare e ad addestrare i civili sia a coinvolgere parte dell’esercito: i Nuclei di difesa dello Stato.
Vi fu anche il piano demagnetize, con lo scopo di condizionare l’opinione pubblica. Con il supporto della CIA furono realizzati veri e propri schedari di persone, colmi di particolari della vita privata, relazioni, famiglia, frequentazioni e interessi, e ciò divenne uno strumento di ricatto per coloro che intralciavano la stabilizzazione dell’opinione pubblica sull’area moderata.
La principale forza di governo, la Democrazia Cristiana, al suo interno presentava diverse correnti ed era concreta la possibilità che stringesse accordi con forze sempre più a sinistra. Occorreva un piano di emergenza da attuare qualora forze troppo a sinistra fossero in procinto di occupare posizioni di potere o stessero ordendo un complotto per ottenerlo. A questo scopo nacque il piano SOLO che prevedeva che l’arma dei Carabinieri dovesse prendere possesso delle sedi del governo e dei media in caso di emergenza, reale o presunta. Inoltre, dovevano irrompere nelle sedi dei partiti e dei loro giornali e arrestare i personaggi schedati dall’operazione demagnetize.
Riportando le parole del memoriale di Aldo Moro: Affluivano per un certo numero di anni gli aiuti della Cia, finalizzati a una auspicata omogeneità della politica interna ed estera italiana e americana. Francamente bisogna dire […] che non è questo un bel modo, un modo dignitoso di armonizzare le proprie politiche. Perché quando ciò, per una qualche ragione è bene che avvenga, deve avvenire in libertà, per autentica convinzione, al di fuori di ogni condizionamento. E invece qui si ha un brutale do ut des. Ti do questo denaro, perché tu faccia questa politica.
La figura di Aldo Moro si inserisce in questo particolare contesto a causa delle sue posizioni sia nella politica nazionale che internazionale. Al suo nome è legata l’apertura verso sinistra della DC, e sempre lui volle trovare alternative alle “sette sorelle” del petrolio, le maggiori compagnie americane e inglesi. Mattei, incaricato di smantellare ENI l’aveva trasformata in una azienda stabile e attiva. Morì in circostanze poco chiare. Chi indagò sulla sua morte morì in circostanze poco chiare. Pasolini scriveva “Petrolio” e morì in circostanze poco chiare. Rino Gaetano cantava con riferimenti alla politica, a Cefis, a Mattei, e morì in circostanze poco chiare. Moro non fece eccezione, le forze in gioco erano tante e le trame si intrecciavano tra politica nazionale, malavita organizzata, massoneria, interessi territoriali del mondo arabo ed interessi economici degli USA.
Quello che avvenne in quegli anni è chiamato “strategia della tensione”. La strategia consisteva nell’alimentare la paura per mantenere un assetto politico stabile, atlantista e controllabile. Gli attentati avevano lo scopo di spostare ulteriormente l’opinione pubblica su posizioni di diffidenza verso certi partiti, accusandoli di complicità con i terroristi e di interessi criminosi, in un crescendo di violenza sempre più dura. L’interesse principale delle forze di destra impiegate nella realizzazione di questi atti terroristici era la dichiarazione dello stato d’emergenza per una svolta autoritaria.
Esisteva già una rete composta da persone in carne ed ossa che collaboravano, passavano informazioni e le ricevevano, anche a livello internazionale. Le collaborazioni tra i movimenti della destra eversiva e i servizi segreti passavano per l’Aginter Press che fungeva da copertura a un’associazione della destra eversiva di stampo internazionale, una fitta rete informativa e ideologica. Il Sid e l’UAAR coordinavano le comunicazioni e le operazioni tra le parti.
Per molte persone la percezione di quegli anni è lacunosa: si tratta di un periodo di cui si hanno ricordi confusi prevalentemente appresi dalle trasmissioni televisive. Le operazioni delle Brigate Rosse hanno messo in ombra alcune azioni di altri gruppi e organizzazioni operanti prima e dopo la nascita delle BR.
Per un periodo la strategia aveva ottenuto l’effetto inverso di quello desiderato vedendo il successo del Partito comunista e per il suo raggiungimento di un accordo programmatico che portò a un appoggio esterno al governo guidato da Giulio Andreotti.
La bomba in Piazza della Loggia a Brescia nel 1974 era stata preceduta da alcuni eventi significativi il cui nome per molti non suscita nessun ricordo o immagine. Eppure, il tentativo di colpo di stato del dicembre del 1970, noto come Golpe Borghese, che per anni si disse che non fosse mai avvenuto, poteva cambiare radicalmente l’assetto politico del nostro paese. Vi furono l’attentato di Peteano, la bomba alla questura di Milano e quella sul treno Italicus. Con il passare degli anni sono state dimenticate da molti o bollate come complottismo le azioni della loggia P2, la Rosa dei Venti e il “golpe bianco” del 1974, creando un vuoto importante nella comprensione di anni cruciali della storia della nostra Repubblica. Infine, con la strage della stazione di Bologna si chiuse il capitolo aperto con Piazza Fontana noto come “anni di piombo”, in cui il linguaggio della politica era quello della lotta armata, delle trame occulte e dei depistaggi, dove organizzazioni di militanti diventavano strumento più o meno consapevole per operazioni di più grande portata, attraverso i media, i ricatti, i processi.
È bene mantenere viva la memoria di quegli anni, non interrompendo la ricerca, anche se la rotta passa per il mare in tempesta dei depistaggi e delle trame nascoste. Lo storico ha il compito di provare ad arrivare ad una meta che talvolta per i tribunali è stata resa irraggiungibile: la verità