Ott 14, 2022 | Articolo di fondo, Newsletter
Si dice ormai sempre più spesso che, mentre il cinema è stato il mezzo del XX secolo, le serie Tv lo saranno per il XXI. Parliamo della modalità in cui la maggior parte delle persone –il cosiddetto mainstream- fruiscono le storie più emozionalmente coinvolgenti, che quindi hanno anche una decisiva carica valoriale e di conoscenza e mappatura del mondo.
In realtà la situazione è ovviamente un po’ più complessa perché i vari mezzi non si annullano l’uno con l’altro, ma si ritagliano spazi e anche, in modo molto forte, interagiscono fra loro in modi molto diversi. Ho recentemente ripubblicato in due volumi (L’adattamento da letteratura a cinema, Audino) un testo che aveva avuto una prima edizione nel 2004 e che parlava di come il cinema si fosse nutrito e si nutrisse abbondantemente di romanzi, libri biografici, opere teatrali, fumetti, ecc. In realtà oggi la situazione è molto articolata: abbiamo a che fare con storie che nascono magari da un fumetto e diventano poi un film, e poi una o più serie televisive, romanzi, videogiochi, graphic novels, podcast, serie web, e così via… Abbiamo a che fare, cioè, con mondi narrativi che prendono diverse forme, e che si reinventano, mantenendo alcuni caratteri di personaggi e storie e cambiandone altri, a seconda dei diversi mezzi con cui hanno a che fare. Quanti Pinocchio, a partire dall’originale collodiano, abbiamo visto al cinema, in TV, in musical, in cartoni animati, a fumetti, quanti La bella e la bestia, quanti Mulan, quanti Sherlock Holmes? Gli esempi si potrebbero moltiplicare all’infinito….
Ognuno di questi prodotti ha un investimento creativo notevolissimo: ci sono team di sceneggiatori assai preparati e agguerriti che lavorano con grande intensità per far approvare i loro progetti dai grandi commissioner, e poi, una volta che hanno ottenuto la luce verde, per mettere a punto macchine narrative che “prendano” lo spettatore e non lo lascino più fino alla fine dell’ultima puntata. L’Italia in questi ultimi anni è cresciuta, anche da questo punto di vista, e ci sono stati prodotti italiani che hanno avuto la forza di conquistare i mercati internazionali. Non pensiamo solo a serie nate già internazionali (quindi con grandi investimenti supportati da più Paesi) come le tre stagioni sull’epoca rinascimentale di Medici, o la serie sul mondo della finanza trasmessa da Sky, Diavoli, ma pensiamo anche al grandissimo successo in Patria e all’affermazione internazionale di serie come Doc – Nelle tue mani, e Blanca, entrambe nate come serie italiane, ma che poi sono state vendute in molti Paesi del mondo.
Certamente il panorama della produzione di serie sta esplodendo: grazie all’avvento di nuovi produttori come Netflix, Amazon, DisneyPlus, Apple, a cui si sono aggiunti recentemente ParamountPlus e HBOMax (gruppo Warner/Discovery), in pochi anni è più che raddoppiata la produzione americana (che era già la più grande del mondo) di serie Tv, come pure la produzione italiana è molto cresciuta. Ai fruitori di tutto il mondo arriva inoltre la possibilità di godere, con un semplice abbonamento che costa relativamente poco, una grandissima quantità di prodotti non solo americani, ma di molti Paesi europei, e asiatici e latino-americani… Il successo mondiale della coreana Squid Game, per esempio, è avvenuto in tempo brevissimo. Siamo quindi di fronte a un panorama sterminato, in cui è difficile orientarsi. Da questa constatazione è partito recentemente, da una collaborazione fra Università Cattolica e l’associazione Aiart, un sito rivolto in particolare a insegnanti, educatori, famiglie, che si chiama proprio Orientaserie (www.orientaserie.it ) e che può essere un buon punto di riferimento. Cerchiamo di recensire le serie più diffuse, soprattutto fra il pubblico di adolescenti e preadolescenti, e di segnalare serie positive e interessanti come Downton Abbey, The Crown, The English Game, Cobra Kai, o la coreana Pachinko, un gioiellino prodotto da Apple… Per chi è interessato a delle analisi di serie Tv, anche da utilizzare didatticamente, sono inoltre usciti un anno fa due volumi di Storia delle serie Tv (Audino), curati dal sottoscritto insieme a Cassandra Albani e Paolo Braga.
A Orientaserie, nato nel 2020 quest’anno abbiamo affiancato un altro sito analogo, dedicato ai film, e realizzato in collaborazione con le edizioni Ares: www.scegliereunfilm.it . L’idea è anche qui quella di segnalare storie interessanti, che possano prestarsi a un uso didattico o di complemento didattico anche per le scuole.
L’Aiart milanese (associazione di spettatori, oggi lo statuto parla di “cittadini mediali”), dal canto suo ha sviluppato una serie di iniziative di formazione sulle serie Tv per studenti e docenti delle scuole che possono essere esportate anche in altri territori: alla fine si tratta di una formazione che è ultimativamente antropologica e morale, perché le serie Tv, come tutti i racconti e soprattutto i racconti “grandi”, sono una grande domande su quali valori guidano la nostra vita, che cosa possiamo o dobbiamo sacrificare in vista di beni più grandi… Domande importantissime, e ovviamente non tutte le risposte sono giuste, o equivalenti.
Interessante, sempre a proposito di formazione, anche il concorso “Opera Prima”, promosso da qualche anno dall’Istituto Toniolo, ente fondatore dell’Università Cattolica, per scuole di tutta Italia (https://operaprima.info/ ). Si chiede ai ragazzi di scrivere un racconto o un soggetto per un film o una serie televisiva. Per capire i meccanismi di questi prodotti, perché ci attraggono, cosa ci dicono, come ce lo dicono, è effettivamente molto utile e interessante provare a mettersi dal punto di vista del creatore, di chi le scrive: provare quindi a idearne uno o una, almeno a scrivere un soggetto. Scrivere una serie richiede competenze specialistiche molto avanzate, che si formano con tempo e pazienza, ma già provare a iniziare a “buttare giù” una idea e qualche linea guida non è solo un esercizio di fantasia e creatività, ma può anche essere un modo per iniziare a entrare nella “stanza dei bottoni” di questi racconti che ci avvincono e ci portano con loro.
Armando Fumagalli
Ordinario di Teoria dei linguaggi e Direttore del Master in International Screenwriting and Production presso l’Università Cattolica di Milano.
Ott 14, 2022 | Articolo di fondo, Newsletter
Intervista a Stefania Garassini
Le serie televisive non sono una novità nel panorama televisivo ma, come la tv e il cinema, anche loro si sono evolute nel tempo e oggi, confrontando le proposte attuali con le produzioni del passato (da “La Signora in giallo” a “A Team” che ancora si possono godere su qualche piattaforma), è evidente che il mondo delle fiction è molto cambiato e certamente è in grado di influenzare gli spettatori e raccogliere l’interesse anche di grandi finanziatori.
- La prima domanda che mi piace porre a lei che è direttore responsabile di “orientaserie.it”, sito che recensisce e valuta centinaia delle attuali serie (italiane ma, soprattutto, straniere) è: come classificherebbe le serie tv attuali? Al di là dell’età cui sono rivolte, riuscirebbe a raggrupparle per tipologia? Quale, secondo lei, ha maggiore impatto sui ragazzi?
Le serie tv attuali sono sempre più specializzate riguardo al pubblico cui si rivolgono. Le piattaforme in streaming e le tv a pagamento in generale rendono possibile rivolgersi a pubblici di nicchia e realizzare prodotti specifici. Un esempio sono i teen drama, ovvero le serie tv focalizzate sull’adolescenza e rivolte agli adolescenti: si tratta di un genere in espansione con diversi prodotti di successo, che in realtà per le tematiche trattate richiederebbero un pubblico adulto (penso a prodotti come Tredici, Euphoria e in Italia Baby o Skam). Un altro genere di grande impatto sui ragazzi è quello degli anime, i disegni animati tratti dai fumetti (manga) giapponesi, che riscuotono un crescente successo. Tra i prodotti più visti ultimamente possiamo citare L’attacco dei giganti e Demon Slayer, due anime molto interessanti per le tematiche trattate: la strenua lotta tra bene e male, proposta con un’animazione mozzafiato, punteggiata da scene molto violente che ne fanno sconsigliare la visione sotto i 16 anni.
Restano poi valide le tradizionali distinzioni tra serie crime, d’avventura, a tema supereroi, medical drama e period drama (serie a tema medico e serie ambientate in altre epoche storiche), epopee familiari (come This is us, Succession o la più recente e molto interessante Pachinko) e miniserie sui temi più disparati in un mercato che per il momento è ancora in espansione, come dimostra il recente sbarco nel nostro Paese del servizio Paramount+.
- Cosa vi ha spinto a costruire un sito, tra l’altro molto ricco di contenuti e spunti, esclusivamente dedicato alla recensione di serie televisive e non alle uscite cinematografiche, ad esempio, o programmi tv?
Le serie sono uno dei contenuti più popolari tra gli adolescenti, e spesso invece genitori, insegnanti, educatori ne ignorano storie e personaggi. Sono storie con le quali i ragazzi restano in contatto varie ore al giorno e che contribuiscono a formarne il giudizio morale e a orientarne lo sguardo sulla realtà. Ogni storia educa ed è importante capire come lo fa: quale idea di mondo, di relazione, di persona presuppongono le serie tv più popolari soprattutto tra gli adolescenti? Abbiamo così pensato, come Aiart, associazione cittadini mediale, la cui sezione milanese presiedo, e in collaborazione con il professor Armando Fumagalli, docente di Semiotica e direttore del Master in International Screenwriting and Production dell’ Università Cattolica di Milano, di creare Orientaserie (www.orientaserie.it) un sito che fornisce a genitori ed educatori le informazioni essenziali per comprendere i temi più rilevanti trattati dalle serie e poter avviare un dialogo con i ragazzi. Le recensioni sono scritte da studiosi di media e sceneggiatori: l’obiettivo è fornire una valutazione non soltanto estetica ma che sia in grado di evidenziare gli aspetti educativi presenti in ogni prodotto seriale.
- Il successo di un film deriva certamente anche (o soprattutto) dal cast. Spesso nelle serie gli attori sono invece, almeno all’inizio, quasi sconosciuti e forse la qualità della recitazione non è allo stesso livello delle grandi produzioni cinematografiche. Cosa porta il pubblico a seguire le serie tv? Cosa distingue una serie riuscita da una no?
A lungo la qualità dei prodotti cinematografici non è stata paragonabile a quella delle serie tv. Da qualche anno però le cose stanno cambiando: la qualità media delle produzioni seriali è cresciuta e non è raro che grandi attori sempre più spesso recitino in tali prodotti. Anche i registi cinematografici cominciano a cimentarsi con la serialità.
L’artefice del successo di una serie non è però, in genere, il regista, che può cambiare nelle diverse puntate e stagioni, un ruolo preponderante è quello degli sceneggiatori. A idearne e seguirne ogni aspetto è lo showrunner, vera “anima” di una specifica serie, che ne armonizza tutti gli elementi. Un esempio è Shonda Rhimes, showrunner della serie-cult Grey’s Anatomy e, tra le altre, della recente Bridgerton.
Un motivo del successo di pubblico delle serie è certamente legato alla possibilità di seguire nel tempo le storie dei personaggi, di partecipare alla loro evoluzione episodio dopo episodio e stagione dopo stagione. Se si tratta di un prodotto scritto bene lo spettatore ha la possibilità di immedesimarsi nei personaggi e di affezionarsi alle loro vicende, molto di più di quanto gli sarebbe consentito da un film, che ha una durata decisamente inferiore.
- L’influenza che una serie televisiva esercita sugli spettatori sembra essere maggiore di quello dei film. Guardando le serie tv americane, molte generazioni hanno fatto loro usanze e mentalità che non appartengono alla nostra storia; un esempio tra tutti è la festa di Halloween, che ha soppiantato nella nostra cultura la festa di Ognissanti. Il mondo della produzione è certamente cosciente di questa potenza: come la sfrutta? Lei vede il tentativo/pericolo di guidare la sensibilità popolare attraverso serie create ad hoc?
Le storie che le serie tv ci raccontano non sono soltanto intrattenimento. Come si diceva, attraverso quei racconti passa una precisa visione del mondo. In qualche caso questo potrà portare a una positiva apertura verso Paesi e culture che non conosciamo: pensiamo ad esempio ai prodotti seriali provenienti dai Paesi del Medio Oriente, come la delicata saga di Shtisel, ambientata in una comunità di ebrei ortodossi a Gerusalemme, o i cosiddetti k-drama, che offrono uno sguardo su un Paese molto lontano da noi per lingua e tradizione come la Corea del Sud. E questo è un effetto senz’altro positivo della crescente produzione e offerta di serie tv. Occorre però anche evidenziare come in molti altri casi i contenuti di tali prodotti presentino come diffusi e normali comportamenti che invece non lo sono affatto, con l’effetto di attutirne il possibile giudizio negativo da parte di chi guarda.
- Nel sito che lei cura, tra le serie italiane consigliate, ne compaiono molte della Lux Vide, una casa produttrice che si distingue dalle altre per la scelta di soggetti, religiosi e non, che rispecchiano molto la cultura popolare italiana. Qual è il segreto del successo delle serie Lux Vide (Don Matteo, Non dirlo al mio capo, Che Dio ci aiuti, Blanca…)?
Le serie dai contenuti più scabrosi e trasgressivi, come alcune di quelle che abbiamo menzionato (Tredici o Euphoria o l’italiana Baby) fanno molto discutere e creano interesse intorno ad esse, dando l’impressione che siano il prodotto preferito dal pubblico. Ma se poi si guardano i dati di visione si constata che non sempre è così. Il pubblico continua a preferire, nella maggior parte dei casi, serie dai contenuti più rassicuranti e che rispecchiano una realtà meno cupa e negativa, ma dove c’è anche uno spazio per la speranza. Questo spiega in gran parte il buon riscontro delle serie da lei citate, cui aggiungerei anche Doc- Nelle tue mani, un successo internazionale.
Miriam Dal Bosco
Mag 12, 2022 | Newsletter, Spazio cinema
Paese: Russia 2006 – Durata: 112 minuti – Regia: Pavel Lungin
Uscito nel 2006 nelle sale italiane un po’ in sordina, Ostrov – l’isola è un film che si segnala per la capacità di descrivere il tormentato percorso spirituale di un monaco russo, restituendo anche uno spaccato della spiritualità ortodossa.
Il protagonista, p. Anatolij, è un ormai anziano monaco ortodosso, dalla salute precaria per le dure condizioni di vita a cui si sottopone, che vive su un monastero costruito su un gruppo di isole, in un paesaggio nordico di indubbia suggestività. Siamo negli anni Settanta del secolo scorso, in piena Unione Sovietica. La vita è scandita dalle normali attività della comunità, fatta di preghiera solitaria e comunitaria e mansioni lavorative, che, nel caso del protagonista, comportano la faticosa manutenzione della baracca delle caldaie, impegno volutamente scelto e mantenuto oltre il normale periodo di avvicendamento ai lavori tra i monaci, per espiare i propri peccati, e in particolare uno. Un terribile segreto si porta dentro, infatti, il monaco, che risale a molti anni prima, all’epoca della Seconda guerra mondiale, rivelato già nelle primissime scene del film. Con quella colpa risalente alla sua giovinezza fa i conti praticamente ogni giorno, in una continua vita di penitenza, che, però, diventa anche la ragione della sua umiltà e personale carisma. Infatti, a dispetto dell’aspetto dimesso e della scarsa considerazione che egli stesso ha di sé, e che gli altri monaci hanno di lui, è circondato da una grande fama di santità, alla quale contribuiscono poteri taumaturgici e doti di chiaroveggenza, che spingono molte persone, con diversi problemi, ad andare sull’isola per chiedere aiuti e speciali preghiere di intercessione, considerandolo alla stregua di uno santo starec. L’afflusso di pellegrini genera mormorazioni e invidie da parte di alcuni confratelli, nei confronti dei quali il monaco si comporta in modo apparentemente bizzarro, quasi da “stolto in Cristo” (tipica figura di asceta del cristianesimo ortodosso, specialmente di quello russo), ma in realtà con proposito di aiutare i confratelli a prendere coscienza dei loro peccati e a correggersi. Conclude il film un incontro a sorpresa, che restituirà al monaco la pace interiore, sciogliendo il senso di colpa che si portava dentro da anni.
La pellicola si segnala, in conclusione, per la sua forte vena religiosa, che permette di cogliere alcuni aspetti della spiritualità ortodossa, in cui la componente mistica, ben rappresentata dalla preghiera del cuore che il protagonista recita in una scena intensa, rappresenta una dimensione essenziale. Inoltre, la vicenda drammatica del protagonista offre spunti di riflessione, utilizzabili in diversi contesti, per affrontare il tema della colpa e del corrispondente dolore come fonte di conversione e rinnovamento interiore. Non manca, infine, anche un’implicita critica mossa dal regista alla società russa attuale, allontanatasi dalla sua tradizione cristiana.
Alessandro Cortese
Mag 12, 2022 | Newsletter, Rassegna stampa
Associazione Italiana Centri Culturali, Centro Culturale di Milano e Il Rischio Educativo, con la collaborazione di Diesse, Disal, Foe, e Portofranco, hanno ideato un’iniziativa per il Centenario di don Luigi Giussani, incentrata su uno dei temi che gli stavano più a cuore: l’educazione.
“Educare oggi. La proposta e il metodo di don Luigi Giussani” è una serie di quattro incontri, in forma dialogica, organizzata per discutere, confrontarsi, conoscere una proposta educativa tra le più interessanti del ‘900 e dei nostri giorni.
- Giovedì 21 aprile “Il metodo educativo” – relatore Julian Carron
- Giovedì 5 maggio “Autorità e libertà” – relatore Antonio Polito
- Giovedì 12 maggio “Verità e realtà” – relatrice Luigina Mortari
- Giovedì 19 maggio “Tradizione e verifica” – relatore Giorgio Chiosso
Un’iniziativa aperta a tutti quelli che nella società e nella scuola sentono con sincerità l’importanza dell’educazione come dimensione cruciale nello sviluppo umano, dalla prima età all’età adulta, affinché la persona emerga come protagonista della vita sociale e culturale.
Nel mondo della scuola e della formazione, e anche in quello dell’Università, si concentrano le sfide del cambiamento antropologico che viviamo e dove, dunque, si riscontrano le testimonianze di un cammino umano, fatto di tentativi, riprese, impegni, sacrifici, per dare consistenza alla dimensione educativa. Il bisogno educativo è avvertito a livello globale, proprio nelle crisi e nelle riduzioni dell’umano che la società contemporanea sta attraversando.
È stato chiesto a esponenti del mondo della scuola, dell’università, della comunicazione, della vita sociale, di confrontarsi con i testi di don Giussani sull’educazione, a partire dal suo scritto principale, Il rischio educativo.
Sono stati attivati focus di discussione che, a partire da letture attente dei testi, pongano in rilievo le idee educative di don Giussani e, attraverso un paragone serrato con l’attualità, ne verifichino l’attualità e il valore, aprendo domande e scoprendo nuove problematiche.
La riflessione sarà sostenuta anche dal confronto con esperienze educative, personali e collettive.
Ogni incontro vedrà la partecipazione di un keynote speaker, che dialogherà con i curatori del ciclo e con alcuni discussants.
fonte: sito del Centro Culturale di Milano LUIGI GIUSSANI CENTENARIO DELLA NASCITA (1922-2022) | Centro Culturale di Milano
Mag 12, 2022 | Invito alla lettura, Newsletter
Aleksandr Isayevich Solzenicyn (1918 – 2008)
Dissidente russo ai tempi dell’Unione Sovietica, ma che ha vissuto per circa vent’anni negli Stati Uniti.
Se, come dice l’autore, “Gli unici sostituti di una esperienza che non abbiamo mai vissuto in prima persona sono l’arte e la letteratura”, questo è uno dei libri che vanno letti.
Si tratta di un romanzo ambientato in un ospedale dove curano il cancro, malattia per la quale lo stesso Solzenicyn è stato curato. Pur essendo un vero romanzo, il libro è cosparso senz’altro di sfumature autobiografiche, di esperienze che lui stesso ha vissuto. Ci sono tanti personaggi, che rivelano in fondo ognuno di noi di fronte all’ineluttabilità della vita e della morte.
Magistrale è il cap. XXX nel quale una donna medico, primaria del reparto, scopre di essere a sua volta malata di cancro e va a trovare il suo vecchio insegnante. In quel colloquio traspare, attraverso pennellate magistrali, ciò che più conta e per cui viviamo… e accettiamo di morire: le relazioni umane.
Michael Dall’Agnello
Mag 12, 2022 | Invito alla lettura, Newsletter
Aleksandr Isayevich Solzenicyn (1918 – 2008)
Dissidente russo ai tempi dell’Unione Sovietica, ma che ha vissuto per circa vent’anni negli Stati Uniti.
Il libro racconta con stile semplice, senza enfasi, una qualunque giornata di un detenuto qualsiasi all’interno di uno dei tanti campi di concentramento stalinisti sparsi per la Siberia. Solzenicyn narra le “gesta” di Ivan, che cerca, come tutti gli altri 364 giorni dell’anno, di non morire di fame o di freddo, ma soprattutto di restare un uomo e come ciò sia necessario proprio per non morire di fame o di freddo. Un episodio di particolare rilievo narra di come gli stessi internati siano costretti a costruire, con temperature proibitive e pochi strumenti, un muro inutile. Per rimanere uomini e in un certo modo “liberi”, questi hanno fatto di tutto, anche ciò che non era consentito, per compiere un lavoro ben fatto, correndo pure il rischio di essere puniti.
In questo testo, come in tutti i suoi scritti, traspaiono l’umanità e la profondità dell’autore, anche da un punto di vista educativo, e ci ricorda che ogni uomo, anche il più cattivo, rimane pur sempre un uomo, idea indispensabile anche oggi.
Michael Dall’Agnello